Un anno fa, in quest’epoca, veniva lanciata dall’associazione “La gabbianella ed altri animali” una petizione che aveva lo scopo di precisare un punto ambiguo della legge 149/01 che regola l’adozione e l’affidamento. Scrissero su tale argomento e, con molta efficacia, tanti giornalisti (apparve persino un articolo di Gian Antonio Stella in prima pagina sul Corriere) e se ne occuparono la RAI e TV 2000- Formato Famiglia, oltre a molte trasmissioni radiofoniche.
Il problema è il seguente: quando un affidamento si conclude con una dichiarazione di adottabilità per il bambino affidato, a causa del mancato recupero della famiglia d’origine, dove deve andare a vivere quel bambino? E’ nel suo “superiore interesse” venire adottato nella famiglia dove già è cresciuto per mesi e anni e dove ha instaurato rapporti affettivi profondi o deve emigrare in un’altra città e in un’altra famiglia per essere adottato da altri? Quando si pone il problema a chi non lo conosce, le persone rimangono esterrefatte: “Ma come? Non è logico che il bambino sia adottato dalle persone con cui già vive? Oggi non è così?” .
Il problema si pone perché taluni giudici minorili e servizi sociali affermano che non è auspicabile il passaggio dall’affidamento all’adozione, perché i requisiti per poter adottare e prendere un bimbo in affidamento non sono identici e perché questo farebbe pensare a molti affidatari che il bambino può diventare loro, così gli stessi affidatari potrebbero non lavorare per restituirlo alla famiglia d’origine. Altri affermano invece che questo pericolo è un male minore, superabile con una buona preparazione delle coppie affidatarie, se confrontato al male terribile di infliggere ad un bambino l’allontanamento dalla famiglia in cui si è inserito e che egli, troppo piccolo per capire le cose, crede la sua.
La petizione raccolse in tre mesi circa 6.000 firme on-line, pur essendo l’associazione inesperta in questo genere di raccolta. Firmarono anche giudici minorili e associazioni di volontariato, come ANFAA e Papa Giovanni XXIII. Sul nostro sito vennero raccontate storie davvero tristissime che facevano capire quanto dolore inutile sarebbe stato evitato con la precisazione della legge. Poi le firme vennero consegnate alla Presidenza della Camera, dopo un convegno in Senato su questi temi, che non sono facilmente trattabili in poche parole.
La petizione divenne di competenza della Commissione Giustizia della Camera ed alcuni deputati si fecero carico di trasformarla in proposta di legge. Ora c’è una proposta di legge bipartisan che prevede appunto che cada l’ambiguità di cui ho parlato sopra e prevede che la prima famiglia ad essere valutata dal Tribunale dei Minorenni per l’adozione di un bambino già posto in affidamento sia la stessa in cui egli vive già. Attualmente tutti coloro che si sono occupati del problema, siano essi di destra o di sinistra, di ispirazione cattolica o laica concordano in merito. Ma… ma non si è ancora “calendarizzata” la legge, cioè non si è deciso quando la si deve discutere, perché non se n’è trovato il tempo. Riuscirà questo governo in bilico ad avere un po’ di attenzione per questo problema riguardante l’affidamento di molti minori? La speranza è l’ultima a morire.
Carla Forcolin