Approfitto della Tavola Rotonda organizzata dalla cooperativa sociale “Il Cerchio” a Venezia, in data 22 settembre, per toccare un problema su cui cerco di attirare l’attenzione delle Istituzioni  e dell’opinione pubblica da tanto tempo: quello della qualità della vita e dell’educazione dei bambini che vivono nel nido della Casa di Reclusione femminile con le madri.

Questi bambini, fino ad oggi al di sotto dei tre anni, hanno bisogno di uscire dall’Istituto di Pena e hanno bisogno di frequentare l’asilo infantile, per un mucchio di ragioni così ovvie che non mi dilungo nemmeno a spiegarle. L’asilo permette loro una sorta di normalità di vita e di crescita che altrimenti non avrebbero. Senza asilo essi accumulerebbero gravi ritardi nel loro sviluppo culturale (si pensi solo all’apprendimento corretto della lingua italiana, che spesso le loro madri parlano male) venendo quindi penalizzati rispetto agli altri bimbi già dai primi giorni di scuola.

All’asilo però i bambini devono essere accompagnati e non c’è una figura regolarmente retribuita dal Ministero di Giustizia o da altre Istituzioni (Regione, Comune, Municipalità, Ussl)  che abbia questo compito.

Pensare che il problema sia risolvibile con il puro volontariato è piuttosto ingenuo: il volontario non può o vuole avere un impegno costante e tassativo, quotidiano, per anni, ad orari precisi (8,30- 15,30). Se è giovane si deve trovare un lavoro, se è anziano non è in grado di sollevare carrozzine per i ponti e inseguire bimbetti che corrono là dove la curiosità li attira. Accompagnare i bambini all’asilo significa poi rapportarsi prima e dopo la strada con le madri e con le maestre, fare da tramite tra le stesse, divenire importante riferimento per il bambino (non si possono dare allo stesso bimbo troppi accompagnatori) ecc. È quindi un compito importante, a cui si deve anche essere preparati. È  un compito che andrebbe
riconosciuto.

Cominciò a riconoscerlo Il Comune di Venezia, con i fondi europei del progetto “Urban – apriamo i muri” e agli inizi il Comune pensava anche agli aspetti amministrativi del pagamento. Allora fu semplicemente chiesto all’associazione “La gabbianella” di indicare delle persone che avrebbero potuto svolgere opportunamente questo ruolo. Poi ci fu chiesto di trovare gli accompagnatori e di pagarli con i fondi che il Comune ci avrebbe appositamente dato. E cominciò il controllo incrociato delle presenze in carcere e all’asilo degli accompagnatori, che, se il bambino stava male, non venivano retribuiti. Io cominciai a coniare il termine “semi-volontariato”, che quasi ci attirò il disprezzo dei “volontari puri”, che però i bambini al nido non li hanno mai portati.  Poi il Comune smise di erogare contributi, ma ormai la Gabbianella non poteva sopportare l’idea dei bambini rinchiusi senza asilo e cominciò l’era in cui ci si mise a chiedere aiuti alla Municipalità di Venezia, sempre generosa in proposito fino…fino alle ristrettezze di bilancio che conosciamo, cioè fino al dicembre 2010.

Da allora continuammo a pagare noi gli accompagnatori e ci procurammo i soldi per farlo, con una lotteria.  Ma cominciarono i guai con la Regione, che ci invitò a divenire associazione di promozione sociale: il volontariato non può svolgere attività commerciali. Così ci si pose il problema di cambiare natura. Situazione beffarda: tutto il lavoro di cercare, formare, seguire, sostituire, pagare i volontari, con tutto ciò che comporta (commercialista, pagamenti alle poste dei modelli F24, ecc) non veniva riconosciuto e, per di più, chi lo aveva fatto aveva quasi compiuto un’azione illegale.  Si noti che un’associazione di volontariato come la Gabbianella non ha una segreteria regolare, in quanto non ha mai potuto permettersela, e tutto questo lavoro è sempre ricaduto sui volontari.

Sono usciti dei bandi regionali a cui l’associazione ha partecipato, uno a novembre 2011 e uno nel settembre di quest’anno. Partecipare ai bandi è un altro lavoro difficile: esistono persone che ne fanno una professione. A novembre non abbiamo vinto, per motivi poco comprensibili.  Ora abbiamo partecipato ad un nuovo bando, dove si potevano avere molti punti se si poteva contare su di un co-finanziamento, ma il Comune non ci ha potuto dare nemmeno un euro e così la Municipalità… si rischia di avere lavorato ininterrottamente per settimane per nulla.

Sembra che noi siamo un’associazione di gente esosa, alla perenne ricerca di denaro, mentre ciò che offriamo in cambio al Comune e alla Regione è il reperimento di volontari che, formandosi alla scuola del carcere, sono poi utilissimi in altri ambiti, come l’affidamento e la solidarietà familiare. E non solo, offriamo un’importantissima forma di prevenzione al disagio per i bambini che crescono in carcere: l’inserimento sociale, che l’asilo prepara.

Oggi ho saputo che ogni detenuto costa allo stato 140 € al giorno. Quanti soldi si risparmierebbero investendo sull’infanzia! Si dovrebbe capire che l’esclusione sociale, spesso alla base delle difficoltà che facilitano la delinquenza, si combatte anche con la scolarizzazione precoce. L’asilo e la scuola materna sono preziosi per tutti i bambini, ma lo sono in modo particolare per coloro che provengono da situazioni familiari difficili o addirittura che vivono reclusi.

Carla Forcolin

Approfitto della Tavola Rotonda organizzata dalla cooperativa sociale “Il Cerchio” a Venezia, in data 22 settembre, per toccare un problema su cui cerco di attirare l’attenzione delle Istituzioni  e dell’opinione pubblica da tanto tempo: quello della qualità della vita e dell’educazione dei bambini che vivono nel nido della Casa di Reclusione femminile con le madri.

Questi bambini, fino ad oggi al di sotto dei tre anni, hanno bisogno di uscire dall’Istituto di Pena e hanno bisogno di frequentare l’asilo infantile, per un mucchio di ragioni così ovvie che non mi dilungo nemmeno a spiegarle. L’asilo permette loro una sorta di normalità di vita e di crescita che altrimenti non avrebbero. Senza asilo essi accumulerebbero gravi ritardi nel loro sviluppo culturale (si pensi solo all’apprendimento corretto della lingua italiana, che spesso le loro madri parlano male) venendo quindi penalizzati rispetto agli altri bimbi già dai primi giorni di scuola.

All’asilo però i bambini devono essere accompagnati e non c’è una figura regolarmente retribuita dal Ministero di Giustizia o da altre Istituzioni (Regione, Comune, Municipalità, Ussl)  che abbia questo compito.

Pensare che il problema sia risolvibile con il puro volontariato è piuttosto ingenuo: il volontario non può o vuole avere un impegno costante e tassativo, quotidiano, per anni, ad orari precisi (8,30- 15,30). Se è giovane si deve trovare un lavoro, se è anziano non è in grado di sollevare carrozzine per i ponti e inseguire bimbetti che corrono là dove la curiosità li attira. Accompagnare i bambini all’asilo significa poi rapportarsi prima e dopo la strada con le madri e con le maestre, fare da tramite tra le stesse, divenire importante riferimento per il bambino (non si possono dare allo stesso bimbo troppi accompagnatori) ecc. È quindi un compito importante, a cui si deve anche essere preparati. È  un compito che andrebbe
riconosciuto.

Cominciò a riconoscerlo Il Comune di Venezia, con i fondi europei del progetto “Urban – apriamo i muri” e agli inizi il Comune pensava anche agli aspetti amministrativi del pagamento. Allora fu semplicemente chiesto all’associazione “La gabbianella” di indicare delle persone che avrebbero potuto svolgere opportunamente questo ruolo. Poi ci fu chiesto di trovare gli accompagnatori e di pagarli con i fondi che il Comune ci avrebbe appositamente dato. E cominciò il controllo incrociato delle presenze in carcere e all’asilo degli accompagnatori, che, se il bambino stava male, non venivano retribuiti. Io cominciai a coniare il termine “semi-volontariato”, che quasi ci attirò il disprezzo dei “volontari puri”, che però i bambini al nido non li hanno mai portati.  Poi il Comune smise di erogare contributi, ma ormai la Gabbianella non poteva sopportare l’idea dei bambini rinchiusi senza asilo e cominciò l’era in cui ci si mise a chiedere aiuti alla Municipalità di Venezia, sempre generosa in proposito fino…fino alle ristrettezze di bilancio che conosciamo, cioè fino al dicembre 2010.

Da allora continuammo a pagare noi gli accompagnatori e ci procurammo i soldi per farlo, con una lotteria.  Ma cominciarono i guai con la Regione, che ci invitò a divenire associazione di promozione sociale: il volontariato non può svolgere attività commerciali. Così ci si pose il problema di cambiare natura. Situazione beffarda: tutto il lavoro di cercare, formare, seguire, sostituire, pagare i volontari, con tutto ciò che comporta (commercialista, pagamenti alle poste dei modelli F24, ecc) non veniva riconosciuto e, per di più, chi lo aveva fatto aveva quasi compiuto un’azione illegale.  Si noti che un’associazione di volontariato come la Gabbianella non ha una segreteria regolare, in quanto non ha mai potuto permettersela, e tutto questo lavoro è sempre ricaduto sui volontari.

Sono usciti dei bandi regionali a cui l’associazione ha partecipato, uno a novembre 2011 e uno nel settembre di quest’anno. Partecipare ai bandi è un altro lavoro difficile: esistono persone che ne fanno una professione. A novembre non abbiamo vinto, per motivi poco comprensibili.  Ora abbiamo partecipato ad un nuovo bando, dove si potevano avere molti punti se si poteva contare su di un co-finanziamento, ma il Comune non ci ha potuto dare nemmeno un euro e così la Municipalità… si rischia di avere lavorato ininterrottamente per settimane per nulla.

Sembra che noi siamo un’associazione di gente esosa, alla perenne ricerca di denaro, mentre ciò che offriamo in cambio al Comune e alla Regione è il reperimento di volontari che, formandosi alla scuola del carcere, sono poi utilissimi in altri ambiti, come l’affidamento e la solidarietà familiare. E non solo, offriamo un’importantissima forma di prevenzione al disagio per i bambini che crescono in carcere: l’inserimento sociale, che l’asilo prepara.

Oggi ho saputo che ogni detenuto costa allo stato 140 € al giorno. Quanti soldi si risparmierebbero investendo sull’infanzia! Si dovrebbe capire che l’esclusione sociale, spesso alla base delle difficoltà che facilitano la delinquenza, si combatte anche con la scolarizzazione precoce. L’asilo e la scuola materna sono preziosi per tutti i bambini, ma lo sono in modo particolare per coloro che provengono da situazioni familiari difficili o addirittura che vivono reclusi.

Carla Forcolin

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