logo_gabbianella_aquiloneDa lunedì 24 novembre, noi dell’associazione “La gabbianella”, che abbiamo accompagnato i bambini delle madri detenute nel carcere femminile della Giudecca: all’asilo nido e alla scuola materna; in spiaggia, per tre gg interi a settimana d’estate; da medici specialisti, se serviva; a spasso per la città, spesso ad eventi per bambini, di domenica; smetteremo questo nostro volontariato gratuito. Lo abbiamo fatto per 15 anni, con gioia ed amore, però da lunedì 24 novembre smetteremo.

Perché siamo stanchi di essere posti alla stregua di baby-sitter gratuite, la cui voce non ha alcun valore, e perché il momento è propizio: in carcere è rimasto solo un bimbo, che ha una puericultrice pressoché tutta per sé.

Nel Veneto è stato firmato, nel 2015, un bel Protocollo d’Intesa interistituzionale, il cui obiettivo era quello di individuare le procedure per accogliere ed educare nel migliore dei modi i bambini che venivano portati in carcere. Ci sono voluti tre anni ed una serie di incontri interistituzionali per scriverlo ed accordarsi tutti sulla firma allo stesso. C’era voluta la determinazione e l’abilità del Pubblico Tutore di allora, la dott. Aurea Dissegna. Non fu attuato per tre lunghi anni e sarebbe stato volutamente dimenticato dalle Istituzioni coinvolte (dalla Direzione del Carcere al Comune, dall’Uiepe alla Questura) sempre cariche di lavoro, se noi della Gabbianella non ne avessimo ricordato l’esistenza prima e non avessimo minacciato di fermarci poi, se non fosse stato attuato. Il Protocollo fu rinnovato nel maggio 2019, entrarono nel carcere i Servizi Sociali, ma non fu mai costituito il gruppo di lavoro di 5 membri – tra cui la nostra Associazione – che avrebbe dovuto produrre progetti individualizzati per ciascun bambino, progetti pensati assieme alle mamme. Più abbiamo chiesto di progettare la vita dei bambini e più ci è stato impedito di esprimerci: ci è stata preclusa la possibilità di incontrare le madri liberamente, ogni nostra proposta o affermazione è stata rifiutata o negata. Tra queste proposte, quella importantissima di fare diversi piani per far uscire dall’Icam un bambino vicino ai sei anni. In tal caso, a seconda delle decisioni del Giudice di Sorveglianza, sarebbe stata pronta la possibilità di mandare il bambino: con la madre, in una casa famiglia; o dal padre, che ha la responsabilità genitoriale piena; o in affidamento presso qualcuno dell’Associazione, accettato da sua madre. Si consideri che “La gabbianella” nasce proprio come associazione di genitori affidatari.

Invece, nel bel mezzo della festina di compleanno del bimbo, sono arrivate le assistenti sociali di Uiepe e del Comune insieme e, senza preavviso, tra la disperazione generale, hanno portato il bambino presso una famiglia a lui sconosciuta. La nostra partecipazione al cambiamento di abitazione e di vita del bambino avrebbe potuto mitigare il passaggio, ma non si è voluto nemmeno questo.

E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Abbiamo deciso di salutare la madre, rimasta con l’altro fratellino più piccolo, inevitabilmente turbato. E di spendere le nostre forze soprattutto cercando di far rivedere la legge per cui i bambini possono stare in carcere fino a sei anni. Non ne bastavano tre? Tre anni, andando all’asilo nido, uscendo regolarmente e poi visitando la mamma ogni qual volta ciò sia possibile, magari stando con lei nella notte di sabato. Quando i compagni di scuola già chiedono: “Tu dove abiti?” non è più il tempo di stare in carcere. Per quanto l’Icam sia bello e curato, per portarci gli amici ci vorrebbe prima … una domandina.

Carla Forcolin (presidente)

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