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Durante il convegno del 5 ottobre è stato tutto molto toccante: gli interventi, il padre adottivo che suona con la figlia 13 enne adottata, i ragazzi “speciali” che seguono il convegno fino alla fine capiscono bene gli interventi.

Di questi tempi in cui sembra quasi che prendere un bambino in affidamento sia una cosa losca, abbiamo avuto la piena rivendicazione dell’utilità dell’affidamento, da parte di chi lo ha vissuto da piccolo/a. La nostra amica Aurora ci ha scritto e si può leggere il suo intervento qui sotto riportato.

C’è stata poi la ricerca di soluzioni ai problemi presenti, a partire dai dati letti e interpretati con sapienza.

Si guarda alla legge 173/2015 e a tutto ciò che essa dovrebbe comportare: continuità degli affetti significa non essere separato da chi si ama, poter voler bene a genitori o parenti inadeguati e poter insieme amare qualcuno che si aggiunge alla tua famiglia, che non basta, senza toglietela. È tempo di adozione aperta, di famiglie inclusive e accoglienti anche di altri adulti e non solo di neonati o bambini piccoli. È tempo di applicare concetti come l’ascolto del minore, senza idee precostituite e registrando discretamente i dialoghi, perché nessuno possa manipolarli. È tempo di ascoltare chi ha cose da dire nell’interesse del minore, senza criminalizzare a priori nessuno. Non ci sono solo le povere famiglie distrutte da preconcetti e prepotenze dei servizi sociali, ci sono anche i bambini uccisi perché non sono stati protetti dai sevizi sociali. Bisogna riprendere a lavorare per l’affido ben fatto, per l’adozione di bambini italiani e stranieri, seguita da professionisti, per il bene dei bambini che provengono da famiglie in difficoltà, con i genitori in carcere, con un solo genitore, con disabilità, ecc. Per prevenire grande sofferenza individuale, evitabile, e il reiterarsi della trasgressione nella società.

I nostri relatori erano in parte famiglie toccate dall’esperienza dell’adozione nazionale e internazionale, dall’esperienza dell’affido e dell’adozione a singole persone; in parte esperti come il dott. Fadiga, la dott.ssa Dissegna e la dott.ssa Gallinaro; in parte politici, come la dott.ssa Puglisi e la dott.ssa Ascari. Ad essi si sono aggiunti in un dibattito sempre concreto, importanti rappresentanti di altre associazioni, come Valter Martini, Marula Furlan, Lia Sacerdote e avvocati da decenni impegnati nella tutela dei minori e delle loro famiglie, come gli avv. Lucrezia Mollica, Giovanna Gaudenzi e Paolo Roat. Tutti gli interventi sono stati interessanti e tutti potranno essere seguiti tra pochi giorni sul nostro sito.

Carla Forcolin, a chiusura dei lavori, avrebbe voluto ricordare, se ne avesse avuto il tempo, che a fine settembre si potevano leggere sui giornali due notizie contrastanti: 1) i sindaci della Val D’Enza hanno sostituito le responsabili del Servizio Minori coinvolte nell’inchiesta sui bambini strappati ingiustamente ai genitori naturali; 2) una madre si getta nel vuoto con la figlia, a Milano, e i Servizi Sociali del Comune vengono accusati di non avergliela tolta, nonostante il gesto estremo fosse già ritenuto possibile.

Non si strappano i bambini dalle famiglie naturali senza giuste motivazioni, ma si devono togliere alle stesse quando ce n’è davvero bisogno. Ci vuole sapienza ed equilibrio nei servizi sociali e nei tribunali per i minorenni, ma non si può gettare alle ortiche l’intero sistema di tutela dei minori.

Riportiamo gli abstract e le slide già a nostra disposizione.

Clicca qui per vedere il convegno nella sua interezza.

Buona lettura e buona visione.

 

Abstract:

1_SINI

2_EMILII

3_NANNI

4_SINISCALCHI

5_DISSEGNA SLIDE

5_DISSEGNA

6_BENEDETTI

7_MOLLICA

9_CONCA

10_ASCARI

11_ROSTEGHIN

12_FADIGA

La testimonianza di Aurora:

Ero troppo piccola per vivere da sola, 

Ero troppo diversa per stare in una casa famiglia,

Ero forse troppo grande per rientrare nei sogni di quelle famiglie che cercano bambini più piccoli, più semplici da gestire, che un adolescente.

Ero troppo spaventata di sapere come avrei raggiunto i 18 anni. Non volevo chiedermi come avrei potuto finire le scuole superiori e mantenere le mie amicizie, perché’ non c’erano riposte o soluzioni.

L’unica certezza che avevo era di non voler tornare dalla mia famiglia biologica. Ho impiegato molti anni per capire che separarmi dall’ambiente in cui sono cresciuta, era l’unico modo per sopravvivere e crearmi una vita. Riconoscere che separarmi da mia mamma era la cosa migliore per entrambe e’ stato un percorso molto difficile. La separazione era necessaria per crescere e per crearmi un futuro in cui sarei potuta diventare una donna, costruirmi una carriera e magari una famiglia.

Avevo 15 anni, e non sapevo come avrei potuto finire le scuole superiori, rimanere vicina ai miei amici e raggiungere i fatidici 18 per non essere più’ rimbalzata da struttura, a struttura, da ufficio a ufficio.

Ho scoperto per la prima volta in vita mia cosa significasse vivere in armonia con altre persone, senza dovermi difendere continuamente, grazie alle due famiglie affidatari che mi hanno accolta quando avevo 15, e poi a 17 anni. Questi due affidi mi hanno dato fratelli, e adulti che non mi hanno mai chiesto di essere chiamati mamma o papa, ma che mi hanno sempre dato tutto quello che potevano, mostrandomi come si cresce, come si ama, e come si possono superare i traumi.

Sono stata voluta, amata e accettata. Questo mi ha permesso di svilupparmi come adolescente e immaginare un futuro come donna. Le due famiglie affidatarie mi hanno regalato la certezza di avere un posto nel mondo e di meritarmi una vita. La stabilita che mi hanno dato queste famiglie, mi e’ servita  per creare una nuova dimensione con la mia famiglia biologica e scoprire che potevo avvicinarmi ai miei genitori senza temere per il mio futuro.

Ormai sono passati più’ di quindici anni dal primo affido e probabilmente se non fosse stato per quel percorso non sarei mai riuscita a trovare la forza per credere nella vita. Quei 4 genitori, e 6 fratelli mi hanno regalato la forza per crescere, e diventare un’imprenditrice sociale.

Ringrazio tutte le assistenti sociali, l’ Associazione la Gabbianella e le due famiglie affidatarie per aver creduto che meritavo un’opportunità per lasciare la casa famiglia e trovare delle persone che mi accogliessero.

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