Non sappiamo gli esiti dell’inchiesta “Angeli e demoni” e ci vorrà del tempo prima che colpe certe ne emergano, se ne emergeranno. Ma l’inchiesta stessa è inquietante e fa riflettere sull’intero sistema di cura e tutela dei minori in difficoltà e, in particolare, in affidamento.
Benché alcune accuse, come quella di fare l’elettroshock ai bambini per suggestionarli, siano poco credibili, altre situazioni sono credibilissime, tra queste:
– che, davanti alla sola “presunzione di colpa”, scatti per alcuni genitori fragili la più terribile delle pene: essere privati dei figli;
– che sia data ai Servizi Sociali troppa discrezionalità;
– che manchi una doverosa applicazione delle buone leggi che abbiamo: dove sono le figure di garanzia?
– che le istituzioni di tutela siano chiuse all’ascolto delle famiglie fragili e che, per farsi ricevere ed ascoltare dalle stesse, siano necessari gli avvocati;
– che manchi l’osservazione dei minori nel loro ambiente naturale e che gli stessi non siano ascoltati in maniera imparziale.
Molte altre considerazioni si potrebbero fare in merito, tra cui – sempre – la lentezza della giustizia minorile, in particolare contrasto con i tempi della crescita dei bambini. Su tutto questo andrebbe aperto un ampio dibattito capace di coinvolgere Servizi Sociali, psicologi, giudici, associazioni di volontariato, famiglie affidatarie, case famiglia… Denunciai tutto ciò già nel libro “Io non posso proteggerti. Quando l’affido finisce: testimonianze e proposte perché gli affetti possano continuare”, Franco Angeli”, Milano 2009.
La legge n.173 sul diritto del minore alla continuità degli affetti è una buona arma per una maggior tutela dei diritti dei bambini, ma la stessa legge potrebbe essere usata per raggiungere obiettivi opposti a quelli per cui è nata. Nel nostro Paese bisogna tornare al senso profondo e all’applicazione letterale di leggi e Protocolli, pensati con cura e con le migliori intenzioni, e poi lasciati divenire lettera morta.