Pubblichiamo qui di seguito l’intervento di Carla Forcolin al convegno “Continuità degli affetti. Istruzioni per l’uso della legge 173/2015” tenutosi a Roma, palazzo Madama, giovedì 17 marzo dalle ore 10.30.
Legge n°173/20015: istruzioni per l’uso
C’è qualcosa di bello in questo mio essere qui: il Vostro invito nei miei confronti significa che la comunicazione tra una piccola Associazione, qual è la Gabbianella, e il Parlamento, cioè fra i rappresentanti del popolo, è avvenuta, e questo ha il profumo della democrazia.
Ciò significa anche che la fiducia che ho sempre riposto nei confronti dell’efficacia di una comunicazione semplice, chiara e fatta di esempi di vita vissuta viene ora confermata.
Dai tempi in cui scrissi “Il gabbianello Marco e altri animali” (eravamo nel 1999) ad ora ho sempre cercato di far presente ai legislatori, ai giudici, agli assistenti sociali che si impegnavano nella tutela dei minori, quanto la legge 149, applicata talora alla lettera, potesse nuocere ai bambini e agli adulti che di quei bambini si prendevano cura. E finalmente, sedici anni dopo, il Parlamento ha eliminato un aspetto di ambiguità di questa legge. Ha infatti tolto, attraverso la legge 173 del 2015, la discrezionalità ai giudici di stabilire se un bambino in affidamento, una volta dichiarato adottabile, poteva rimanere nella famiglia affidataria o era costretto, come succedeva molto spesso, a cambiare famiglia e tutto il suo ambiente e questo è avvenuto soprattutto grazie alla sen. Puglisi, ma anche alla sen. Filippin e a tutto il Parlamento. La legge 173 ora impedirà che i bambini in affidamento, nel passaggio all’eventuale adozione, siano trattati come oggetti, pacchi postali. Stabilendo per il bambino il diritto alla continuità degli affetti, essa indirettamente sancisce il principio per cui i bambini sono persone come gli adulti, e, in quanto tali, sono portatori di sentimenti e affetti.
Vorrei che non sfuggisse a nessuno l’importanza di tale novità. Se i bambini sono persone e concepiscono e sviluppano affetti e sentimenti, se la loro mente-cuore è riconosciuta come realtà da rispettarsi, i bambini vanno ascoltati e così coloro che a quei bambini stanno più accanto, coloro che svolgono nei loro confronti ruoli genitoriali.
La legge 173 lo precisa e afferma all’art.5 che gli affidatari, o collocatari, vanno ascoltati, pena la nullità nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale. Essi hanno facoltà di presentare memorie scritte nell’interesse del minore…
Dicevo prima che l’Associazione “La Gabbianella” ha posto questi temi sul tappeto da 16 anni e che è riuscita a far giungere la propria voce al Senato e alla Camera. Ma solo l’anno scorso un provvedimento di modifica e precisazione della legge 184/83, come modificato dalla legge 149/2001 è stato approvato. Ci sono voluti molti anni. Nel frattempo ci sono state due petizioni popolari e svariate altre iniziative, tra cui un convegno in Senato, in cui l’attrice Pamela Villoresi ha letto la storia di una ragazzina, Cassandra, che ha fatto commuovere e riflettere tutti. Cassandra, nome vero, nacque sieropositiva da una coppia di tossico-dipendenti. Fu posta in affidamento piccolissima presso una signora, Giovanna, che non era sposata, era impegnata socialmente e svolgeva un ruolo simile a quello di “perpetua” presso un sacerdote.
Con lei Cassandra trovò pace e serenità e guarì. Quando non fu più sieropositiva, essendo nel frattempo divenuta orfana, fu posta in adozione e data, contro la sua volontà, ad una coppia adottiva, che le impose di tagliare i rapporti con Giovanna e perfino con Don Pio. Divenuta adolescente, Cassandra scappo più volte dalla casa e dalla famiglia adottiva e solo Giovanna riuscì a farla ritornare lì. Infine, la stessa famiglia adottiva chiese di farla tornare da Giovanna, dove Cassandra finì di crescere. Vi racconto proprio questa storia per dirvi però che, ancora adesso, con la legge 173 approvata, ci potrebbero essere altre “Cassandre”. La legge è passata grazie ad un compromesso che penalizza le persone come Giovanna e i bambini da esse accolti: quello per cui gli affidatari che possono adottare sono solo coppie con i requisiti per l’adozione, come previsto dall’art.6 della legge 184/83
Dal ‘99 ad oggi la legge che stabiliva il diritto dei bambini alla continuità degli affetti (era proprio questo il titolo della nostra prima petizione del 2007) e quindi a poter rimanere, se dichiarati adottabili, nella famiglia che li accoglieva già da molti anni, non è mai passata proprio perché i requisiti per l’adozione e l’affidamento sono diversi e il passaggio dall’affidamento all’adozione avrebbe potuto permettere a persone non sposate di adottare. Buon parte del Parlamento, assieme a molte associazioni che si occupano di affidamento e adozione, ha preferito chiudere gli occhi davanti a drammi come quelli a cui ho accennato ( una bambina, Maria, fu costretta a nove anni a cambiare i genitori e i fratelli con cui era stata fin dalla nascita) piuttosto che permettere ad una persona non sposata di poter adottare. E tutti noi sappiamo che ormai le coppie non sposate sono quasi la metà delle coppie esistenti nel nostro paese e le famiglie mo no genitoriali sono frequentissime, così come le famiglie “ricostruite” e allargate.
Se la piccola Cassandra fosse rimasta sieropositiva avrebbe potuto essere adottata dalla “sua“ Giovanna, se fosse stata portatrice di handicap ancora avrebbe potuto, ma da bambina normale non poté. Vi sembra mai che questo sia logico e giusto? Si preferisce questa assurdità al “pericolo” di aprire l’adozione a coppie non sposate e a singole persone, che, se non sposate, potrebbero essere, nelle fantasie di molti, omosessuali. Come se essere single significasse essere omosessuali e come se essere omosessuali significasse essere pedofili, perversi. L’unica differenza dal tempo precedente la legge, per i single, riguarda il fatto che un rapporto tra adulto e bambino potrebbe essere mantenuto. Cassandra e Giovanna potrebbero oggi mantenere una relazione anche se la famiglia adottiva non lo volesse. Le forme e i modi di questa relazione sarebbero stabiliti dai servizi sociali. Io apprezzo questo progresso, che non è di poco conto e che, quando io stessa dovetti separarmi da un bimbetto amatissimo, che fu dato in adozione ad una coppia, (il vero fondatore della Gabbianella: lo chiamai il “gabbianello Marco”), mi avrebbe permesso di continuare almeno a vederlo. Faccio presente però che, se i bambini hanno diritto alla continuità degli affetti, ne hanno diritto tutti in egual misura, e che , se un bambino viene accolto in affidamento da una coppia sposata non per questo ha più diritti del bambino preso in affidamento da una persona sola, che magari era l’unica disponibile, in assenza di coppie. La cosa è ovvia e darà adito ad una serie di controversie legali a non finire, simili a quelle che ho già descritto nel libro “Io non posso proteggerti. Quando l’affidamento finisce: testimonianze e proposte perché gli affetti possano continuare”.
E’ possibile che, sapendo tutto ciò, proprio come suggeriva l’on. Binetti, si diano i bambini in affido “a rischio” di trasformarsi in adozione solo a coppie sposate, ma non ci saranno accorgimenti sempre possibili, perché spesso le coppie sposate non danno la loro disponibilità all’affidamento, a differenza dall’adozione, e per questo istituto si deve far ricorso a coppie non sposate o a singole persone, che talora sono l’unica risorsa a cui si può accedere.
Si potrà cercare di risolvere la cosa attraverso affidamenti fino alla maggior età, come suggerisce ANFAA, negando però in questo modo ad alcuni minori il diritto alla stabilità degli affetti, alla sicurezza di vita, così come viene data solo dall’adozione. Invito tutti i presenti a leggere il libro di Marco Chistolini “Affido sine die e tutela dei minori” ed. F. Angeli, che parla proprio di questo. Ma tutti capiscono che un ragazzino in affido potrebbe divenire un adolescente problematico, come lo sono moltissimi ragazzini che pure hanno avuto una vita “normale”, facile. Questo ragazzino però potrebbe, se scoperto a “fumare spinelli” o a fare sesso, essere rifiutato dalla famiglia affidataria e se ne possono immaginare le conseguenze. Ma anche gli adolescenti possono rifiutare la famiglia affidataria, da cui si sentono troppo controllati, e magari chiedere ed ottenere dal servizio sociale di finire in qualche comunità, dove si è molto meno controllati che in famiglia. So di ragazzi che rientravano in comunità alle tre di notte, di ragazzine rimaste incinte, mentre erano in comunità, ecc. Succede anche in famiglia, ma è diverso, se non altro perché poi in famiglia si è più aiutati ad uscire dai guai in cui ci si è cacciati.
C’è ancora un problema che voglio segnalare e che mi è stato tante volte presentato dai Servizi Sociali: se si sa che il passaggio dall’affidamento all’adozione è possibile, ci possono essere famiglie affidatarie che, magari inconsciamente, lavorano perché il ricongiungimento con i genitori naturali non ci sia, per tenersi il bambino… Questo problema si può risolvere solo in un modo: precisando in tutti i modi alle coppie e persone disponibili all’affidamento che non ci sono passaggi automatici. La legge 173 non li prevede per nulla. Comunque si deve essere valutati per adottare un bambino e il giudice deve ascoltare quello stesso bambino/a, se solo questi è in grado di esprimersi.
Se le coppie affidatarie potranno divenire adottive, dovranno avere una doppia formazione: quella per l’affidamento, che implica il mantenimento dei rapporti con la famiglia d’origine e quella per l’adozione. Ma è piuttosto ovvio che, se i ragazzini non potranno tornare nella casa originaria e saranno dichiarati adottabili, resteranno nella famiglia affidataria divenuta adottiva; dove essi potranno ugualmente mantenere un rapporto con i membri sani della famiglia d’origine. La continuità degli affetti vale anche in questo senso, sempre però che i minori la desiderino. I loro rapporti non dovranno essere recisi, ma nemmeno imposti. Come dicevo prima, l’ascolto del minore diventa con questa legge più importante e se il minore è persona, i suoi rapporti devono dipendere in grande misura dalla sua volontà.
A tale proposito ricordo che spesso nascono oggi problemi tra Servizi Sociali e affidatari perché i primi impongono ai minori dei rapporti con la famiglia d’origine che li destabilizzano, che i minori non vorrebbero mantenere e le cui conseguenze ricadono pienamente nella vita della famiglia affidataria. I bambini in affidamento non dovrebbero trascorrere la loro vita tra assistenti sociali, incontri con parenti e genitori che essi non vorrebbero incontrare, scuola e magari ripetizioni. Essi dovrebbero poter vivere in modo simile ai coetanei, arricchiti da molti rapporti, ma non appesantiti all’inverosimile.
Un’ultima cosa rispetto alla legge 173/2015: essa è poco conosciuta e la gente qualsiasi, i non addetti ai lavori, continuano a pensare all’affidamento come all’istituto in cui “poi non vedrai più i bambini che hai cresciuto”. La legge va fatta conoscere e devono essere portati all’attenzione dei garanti ai diritti dei bambini delle varie regioni i casi in cui la legge non viene fatta rispettare. La legge deve diventare legge esigibile. Nel senso che coloro che non fanno ciò che la legge
richiede devono essere richiamati e, nei casi limite, devono risentirne almeno sul piano della carriera e del prestigio. Le leggi che riguardano i minori sono troppo spesso non esigibili,. Auspico che questa legge, se non applicata, porti a qualche conseguenza per chi non la applica. Auspico che si faccia una sorta di pubblicità progresso a favore dell’affidamento, facendo conoscere la legge stessa a tutti gli italiani. L’affidamento va sostenuto e valorizzato. E’ ora di svuotare le strutture residenziali e di dare una famiglia sostitutiva a chi non ce ha una famiglia naturale, soprattutto se si tratta di bambini piccoli. E’ ora di smettere di produrre disadattati lasciando i bambini in situazioni di istituzionalizzazione per lunghi anni. Si devono coniugare la stabilità di vita e il mantenimento degli affetti per i bambini che già hanno avuto la sfortuna di avere famiglie inadeguate, da cui sono stati staccati o da cui sono stati maltrattati da piccoli, quando si è più plasmabili e sensibili.
Questa legge potrebbe finire per cambiare la logica stessa dell’adozione, facendola diventare un istituto nel quale i bambini vengono accolti a partire da quello che sono veramente, con i moncherini di famiglia che hanno e che non sono in grado di prendersi cura di loro.
Potrebbe cambiare l’affidamento, facendolo durare due anni e poi mettendo i giudici davanti alle loro responsabilità, che però non saranno più tragiche come un tempo. Se si sa che un ragazzino/a potrà essere adottato senza perdere per sempre la famiglia d’origine, avendo lui diritto alla continuità degli affetti, sarà più facile decidere per l’adozione, cioè per dargli una famiglia in cui crescere, accanto all’altra da cui si proviene biologicamente.
La legge 173 è una piccola rivoluzione, le cui conseguenze dovrebbero davvero essere considerate. Essa apre ad una concezione più moderna sia dell’adozione che dell’affidamento, e per “moderna” intendo più a misura di bambino che non a misura di adulto.
Carla Forcolin