La legge n. 2957 che modifica la legge 184/83 sul diritto del minore alla continuità degli affetti per i bambini/e in affidamento familiare è finalmente passata! Quando un bambino/a, già in affidamento, sarà dichiarato adottabile, perché il giudice valuterà che la famiglia d’origine non gli sta dando le cure morali e materiali di cui egli/ella ha bisogno, la prima famiglia ad essere valutata per accoglierlo/la in adozione sarà quella dove il/la minore già vive. Ovvio? In teoria sì, in pratica ci sono voluti 8 anni dalla prima petizione lanciata dall’ associazione “La gabbianella e altri animali”e 16 anni dal primo libro in cui il tema è stato trattato (“Il gabbianello Marco e altri animali”) perché ci si arrivasse.
La prima petizione era già diventata proposta di legge a nome dell’on. Luana Zanella, durante il governo Prodi, quando questo cadde. Poi ci fu un’altra proposta di legge con il gov. Berlusconi, una con il gov. Monti, si arrivò a Renzi. La sen. Puglisi recuperò la nostra proposta e il resto è sotto gli occhi di tutti.
Ma cosa significa garantire al “minore” la continuità degli affetti? Nella mia vita ho visto un’infinità di bambini trattati come oggetto di proprietà dei grandi, contesi, maltrattati, dilaniati nell’anima. Ho visto adulti, che oggi difendono la legge n. 2957, ignorare il dolore enorme di bambini staccati dalla famiglia affidataria e da tutti i loro affetti pur di tenere gli istituti dell’adozione e dell’affidamento separati, per paura che gli affidatari “si impadronissero” di bambini che non dovevano considerare figli. Ma chi sono i figli se non coloro che ricevono cure parentali da mamma e papà? E se i genitori, nel senso che abbiamo detto or ora, non ci sono e non ci sono mai stati prima del’affidamento, i genitori veri diventano i sostituti genitoriali, cioè gli affidatari. Ai genitori affidatari fino a ieri molti assistenti sociali dicevano che non dovevano affezionarsi ai bambini, che non dovevano pensarli come figli.
I buoni genitori affidatari lavorano per riconsegnare i bambini loro affidati alla famiglia d’origine, lavorano per ricucire le relazioni tra bimbi e genitori biologici, ma poi, fino a oggi, essi dovevano uscire di scena. E’ già una rivoluzione il fatto che, anche dopo il ritorno dei bambini nella famiglia d’origine, i rapporti tra piccoli e genitori affidatari debbano essere mantenuti. E’ la fine della lacerazione del bambino. Naturalmente sulla carta, poi nella realtà la cosa dipenderà dalla qualità delle persone coinvolte nei rapporti con i minori. Se non riescono a mettersi d’accordo tra loro sull’affidamento condiviso madri e padri biologici, forse non riusciranno ad accordarsi nemmeno genitori biologici e genitori affidatari. Ma non è inutile dire che dovrebbero farlo e che gli affetti dei bambini non si devono interrompere. Perché, così facendo, entra nella testa della gente un po’ alla volta un concetto difficilissimo e civilissimo: quello per cui i bambini sono persone con gli stessi diritti dei grandi. Chi oggi obbligherebbe una coppia di fatto a dividersi, se si ama? Però si obbligano ( forse già si dovrebbe dire “si obbligavano”… com’è bello questo tempo passato! – ) i bambini a dividersi da chi amano teneramente e perfino a dimenticare le persone amate se le stesse non sono i genitori voluti dai tribunali.
La legge 2957 sancisce un principio, ma paradossalmente non lo fa valere per tutti. Qualcuno sarà “più uguale degli altri”, cioè i bambini presi in affidamento da coppie non sposate o da singole persone non potranno rientrare nel principio a pieno titolo. Per loro, a differenza degli altri, non sarà possibile per legge rimanere dove vivono, se dichiarati adottabili. E’ un’evidente ingiustizia e disparità, proprio come dice l’on. Marzano. Eppure anche per loro si aprono delle strade: l’affermazione del principio indurrà di certo molti giudici a considerare questi bimbi adottabili con l’art. 44, senza fermarsi, come imporrebbe la legge, in modo pretestuoso, alla lettera A dell’articolo stesso. E si può anche pensare che, dopo aver conseguito la tutela della stragrande maggioranza dei bambini, si riprenda la lotta per i pochi che rimangono di fatto senza diritto alla continuità degli affetti.
Una riflessione finale: l’adottabilità è legata al matrimonio, ma ci si può sposare e lasciare molte volte nella vita. Da una parte questo istituto è sempre più svilito, dall’altra rimane ideologicamente necessario per “fare famiglia” e soprattutto per testimoniare l’eterosessualità dei suoi membri, quasi essa fosse segno di moralità. Si può essere bravissime persone senza essere sposati e si può essere violentatori di bambini nell’ambito matrimoniale. Se si osservano nel loro ambiente i piccoli, si capisce benissimo a chi essi vogliono bene a da chi non dovrebbero mai essere separati. L’affetto vero si riconosce ed è quello che va davvero tutelato, è quello che ormai “ fa famiglia”.
Carla Forcolin (presidente a.p.s. “La gabbianella e altri animali”)
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