Esiste un fronte di persone di buona volontà che, toccate dalla contraddizione dei bambini in carcere, volle la legge 62/11 ed è ancora convinto che il problema si risolva facendo case-famiglia. Ma, a mio avviso, la speranza di riuscire a superare la contraddizione tra la necessità di tenere le madri in carcere (se socialmente pericolose) e il non togliere la mamma al bambino piccolo innocente non si concretizza con la costruzione di Icam o case famiglia da cui le madri non possono uscire.
Tutti i luoghi, da cui i bambini non possono uscire con la mamma o dove non possono entrare persone care a trovare il bambino liberamente, sono luoghi di custodia, più o meno attenuata, e i bambini se ne accorgono. Quindi, se la custodia ci deve proprio essere, e talora è necessaria, nei nidi annessi al carcere femminile e negli Icam i bambini devono rimanere solo se il rapporto con la madre è l’elemento fondamentale della loro vita, cioè quando sono piccolissimi. A partire dai nove mesi di età, i bambini del carcere dovrebbero frequentare già e obbligatoriamente gli asili nido e comunque stare fuori dall’istituto nelle ore del mattino per tornarvi nel pomeriggio. Più essi crescono e più c’è bisogno di dare loro, accanto al fondamentale rapporto con la madre, anche altri rapporti significativi. I bambini non possono stare in istituti a custodia attenuata o veri carceri fino a sei anni, senza che questo pregiudichi la loro vita futura.
Per questo io credo che si debba uscire dal carcere, pur lasciando la mamma, se è necessario, molto prima dei sei anni. Almeno si torni ai tre previsti prima della legge 62/2011, se sembra troppo abbassare ancora quell’età. Questo il senso della petizione che propongo e che si deve scontrare con il luogo comune per cui essere separati dalla mamma è il peggiore dei mali. Essere separati senza potersi più vedere è una cosa, esserlo, mantenendo vivo un rapporto fondamentale, è un’altra.
Io frequento da 15 anni il carcere femminile della Giudecca e l’Icam vi fu costruito appositamente dopo la L. 62. In questo tempo ho visto la situazione peggiorare. Il nido, prima dell’Icam, era meno ampio e le stanzette di madri e figli anguste, ma c’erano persone che vivevano insieme nella comunità-nido e si facevano compagnia, nel bene e nel male. Ora le madri sono sempre meno e negli Icam c’è il rischio di vivere davvero l’isolamento. Solo a Milano, Torino, Roma e Avellino abbiamo i numeri (da 6 a 11 mamme) per costruire piccole comunità, altrove i numeri sono di una o due unità. A Venezia è così. Questa diminuzione dei bambini in carcere è un bene in sé, ma per i 50 bambini rimasti indirettamente reclusi nel nostro paese noi chiediamo, con la petizione, alcune cose importanti. La prima è che ne escano a tre anni.
Carla Forcolin